Tempo, durata e libertà
Una delle teorie più originali di Bergson è la distinzione fra tempo della scienza e tempo della vita.
Il tempo della scienza è quantitativo, omogeneo ed reversibile, poiché un esperimento può essere ripetuto ed osservato un numero indefinito di volte, ed è discontinuo: questo significa che è un tempo astratto, esteriore e spazializzato. Ha come simbolo la collana di perle. Il tempo della vita, invece, è qualitativo, eterogeneo ed irreversibile, in quanto ogni momento della psiche è irripetibile, ed è continuo: è quindi un tempo concreto, interiore che si identifica con la durata reale. Ha come simbolo il gomitolo o la valanga. Spirito e corpo: materia e memoria
In Materia e Memoria, Bergson studia i rapporti tra spirito e corpo, distinguendo memoria, ricordo e percezione.
La memoria pura è la coscienza stessa, che registra automaticamente tutto ciò che accade, e si identifica con il nostro passato. Il ricordo è la materializzazione, operata dal cervello, di un evento del passato. Il cervello trasforma in ricordi solo ciò che serve all’azione, mantenendo nell’inconscio la massima parte del passato. La percezione, infine, agisce come un filtro selettivo dei dati, secondo le esigenze dell’azione. Lo slancio vitale
E' la coscienza stessa, intesa come durata reale, cioè come una sorta di grande corrente che penetra nella materia e tende a dominarla, progredendo soprattutto nelle due direzioni fondamentali dell’istinto e dell’intelligenza.
Lo slancio della vita è la causa principale delle variazioni che si addizionano per creare nuove specie. Il meccanicismo non può spiegare la formazione di organi complicatissimi. Lo slancio vitale si divide , dando origine alla divisione tra vegetali e animali. Il vegetale è caratterizzato dalla capacità di fabbricare le sostanze organiche con sostanze minerali; gli animali, obbligati ad andare a cercare il loro nutrimento, si sono evoluti nel senso dell’attività locomotrice e quindi di una coscienza sempre più sveglia. Istinto, intelligenza e intuizione
Istinto e intelligenza sono tendenze diverse ma sempre connesse tra loro.
L’intelligenza si può definire come la facoltà di fabbricare strumenti artificiali e di variarne indefinitamente la fabbricazione; l’istinto, invece, è la facoltà di utilizzare o costruire strumenti organizzati. L’intelligenza umana è diretta essenzialmente ai fini della vita, serve a costruire strumenti inorganici, per questo si trova a suo agio solo quando si trova a che fare con la materia inorganica. L’intuizione, infine, è un istinto divenuto disinteressato, consapevole di se stesso, capace di riflettere sul suo oggetto e di estenderlo definitivamente. In quanto visione dello spirito da parte dello spirito, l’intuizione si configura come l’organo della metafisica. Società , morale e religione
Bergson fa una distinzione tra società chiuse e società aperte.
Le società chiuse sono quelle statiche, nelle quali l’individuo agisce come parte del tutto, con libertà e iniziativa molto ridotte. Qui domina la morale dell’obbligazione, fondata su abitudini e modi di vita che garantiscono la solidità del gruppo. La religione delle società chiuse è statica, e mediante miti e superstizioni cerca di dare all’uomo riparo o salvezza nei confronti dei pericoli della vita. Le società aperte, invece, sono dinamiche e continuano lo sforzo creativo della vita. Qui domina una morale assoluta,che agisce nell’interesse dell’umanità intera. La religione tipica di questo tipo di società è dinamica, basata sul misticismo; attraverso il misticismo l’uomo si inserisce nello slancio creatore della vita, nella stessa creazione divina. |
Blog di Sara
sabato 18 maggio 2013
Henri Bergson
martedì 2 aprile 2013
Karl Marx
Karl
Marx
fu esponente della sinistra Hegeliana ma ben presto se ne stacco.
Egli, infatti, critica, oltre al socialismo utopistico, troppo ideale
e poco reale, e gli stessi Hegel e Feuerbach.
Ad Hegel Marx rimprovera una filosofia troppo speculativa che non porta un cambiamento reale del mondo, mentre per Marx la filosofia non deve essere solo teoria ma anche prassi, deve, cioe’ essere utile a cambiare la societa’.
A Feuerbach Marx riconosce il merito di avere individuato nella religione una prima causa dell’alienazione ma gli rimprovera di non avere riconosciuto l’alienazione sociale dell’individuo, cioe’ quella che nasce dalla disuguaglianza sociale. Lo stato per Marx e’ caratterizzato dalla divisione del lavoro e dei mezzi di produzione. Nella storia, che Marx concepisce come lotta di classe, la classe dominante da sempre possiede i mezzi di produzione e opprime i lavoratori, portando quest’ultimo all’alienazione.
Da qui nasce anche la teoria del plus valore, ovvero del valore aggiunto alla merce oltre a quello fornito dall’operaio, che porta all’enorme guadagno del capitalista rispetto all’operaio. L’operaio deve dunque prendere coscienza di questa sua condizione e attuare la rivoluzione comunista con la seguente dittatura del proletariato, che portera’ all’abolizione della proprieta’ privata e messa in comune dei mezzi di produzione. La parte piu’ oscura delle teorie di Marx e quella che riguarda la suddivisone fra struttura e sovrastruttura. La sovrastruttura (religione, morale ecc.) puo’ essere cambiata mentre la struttura No.
Ad Hegel Marx rimprovera una filosofia troppo speculativa che non porta un cambiamento reale del mondo, mentre per Marx la filosofia non deve essere solo teoria ma anche prassi, deve, cioe’ essere utile a cambiare la societa’.
A Feuerbach Marx riconosce il merito di avere individuato nella religione una prima causa dell’alienazione ma gli rimprovera di non avere riconosciuto l’alienazione sociale dell’individuo, cioe’ quella che nasce dalla disuguaglianza sociale. Lo stato per Marx e’ caratterizzato dalla divisione del lavoro e dei mezzi di produzione. Nella storia, che Marx concepisce come lotta di classe, la classe dominante da sempre possiede i mezzi di produzione e opprime i lavoratori, portando quest’ultimo all’alienazione.
Da qui nasce anche la teoria del plus valore, ovvero del valore aggiunto alla merce oltre a quello fornito dall’operaio, che porta all’enorme guadagno del capitalista rispetto all’operaio. L’operaio deve dunque prendere coscienza di questa sua condizione e attuare la rivoluzione comunista con la seguente dittatura del proletariato, che portera’ all’abolizione della proprieta’ privata e messa in comune dei mezzi di produzione. La parte piu’ oscura delle teorie di Marx e quella che riguarda la suddivisone fra struttura e sovrastruttura. La sovrastruttura (religione, morale ecc.) puo’ essere cambiata mentre la struttura No.
Ludwig Feuerbach
Feuerbach
fu
uno dei maggiori esponenti della sinistra Hegeliana. Nonostante tutto
egli critica l’idealismo di Hegel accusandolo di avere ribaltato la
visione delle cose nel mondo. Nella teoria di Hegel, infatti, il
concreto (l’uomo e il finito) finisce per dipendere dall’astratto
(Dio e infinito).
Da qui Feuerbach prende spunto per la sua critica alla religione. Feuerbach afferma infatti che non e’ stato Dio a creare l’uomo ma l’uomo a creare Dio. Dio per Feuerbach non e’ altro che una proiezione e un oggettivazione fantastica delle qualita’ umane.
Tutte le qualita’ che vengono affibbiate a Dio non sono altro che qualita’ proprie dell’uomo. Per Feuerbach l’idea di Dio nell’uomo nasce al dissidio interiore fra volere e potere. L’uomo genera, infatti, Dio per realizzare quei desideri che altrimenti gli sarebbe impossibile raggiungere (Dio e’ l’ottativo del cuore umano). Secondo questa teoria la religione porta l’uomo all’alienazione giacché l’uomo arriva a sottomettersi a se stesso proiettato nella figura di Dio.
Per Feuerbach tutte le religioni sono false ed una prova e’ che ogni religione storicamente ha sempre smentito le precedenti considerandole semplici idolatrie. L’ateismo a questo punto si configura come un vero e’ proprio atto morale ed il compito del filosofo e quello di riporre l’infinito (Dio) all’interno del finito (uomo). Ma quest’ateismo e’ un ateismo positivo in quanto permette all’uomo di riconoscersi. La nuova filosofia delineata da Feuerbach diviene una sorta di filantropia. Feuerbach rifiuta di considerare l’uomo come astratta spiritualita’.
L’uomo per Feuerbach e’ fatto anche di carne e sangue, giacché vive soffre e gioisce. Da qui la teoria degli alimenti ovvero l’uomo e’ cio’ che mangia. Feuerbach sostiene, infatti che prima di migliore le condizioni spirituali di un popolo bisogna migliorare le sue condizioni materiali. Notevole importanza nella filosofia di Feuerbach e rivestita dall’amore. Feuerbach sostiene, infatti, che l’amore e’ la passione fondamentale dell’uomo e che egli per vivere necessita’ degli altri (essenza sociale dell’uomo e comunismo filosofico).
Da qui Feuerbach prende spunto per la sua critica alla religione. Feuerbach afferma infatti che non e’ stato Dio a creare l’uomo ma l’uomo a creare Dio. Dio per Feuerbach non e’ altro che una proiezione e un oggettivazione fantastica delle qualita’ umane.
Tutte le qualita’ che vengono affibbiate a Dio non sono altro che qualita’ proprie dell’uomo. Per Feuerbach l’idea di Dio nell’uomo nasce al dissidio interiore fra volere e potere. L’uomo genera, infatti, Dio per realizzare quei desideri che altrimenti gli sarebbe impossibile raggiungere (Dio e’ l’ottativo del cuore umano). Secondo questa teoria la religione porta l’uomo all’alienazione giacché l’uomo arriva a sottomettersi a se stesso proiettato nella figura di Dio.
Per Feuerbach tutte le religioni sono false ed una prova e’ che ogni religione storicamente ha sempre smentito le precedenti considerandole semplici idolatrie. L’ateismo a questo punto si configura come un vero e’ proprio atto morale ed il compito del filosofo e quello di riporre l’infinito (Dio) all’interno del finito (uomo). Ma quest’ateismo e’ un ateismo positivo in quanto permette all’uomo di riconoscersi. La nuova filosofia delineata da Feuerbach diviene una sorta di filantropia. Feuerbach rifiuta di considerare l’uomo come astratta spiritualita’.
L’uomo per Feuerbach e’ fatto anche di carne e sangue, giacché vive soffre e gioisce. Da qui la teoria degli alimenti ovvero l’uomo e’ cio’ che mangia. Feuerbach sostiene, infatti che prima di migliore le condizioni spirituali di un popolo bisogna migliorare le sue condizioni materiali. Notevole importanza nella filosofia di Feuerbach e rivestita dall’amore. Feuerbach sostiene, infatti, che l’amore e’ la passione fondamentale dell’uomo e che egli per vivere necessita’ degli altri (essenza sociale dell’uomo e comunismo filosofico).
lunedì 21 gennaio 2013
Kierkegaard e il don Giovanni
"Così come la sensualità è intesa in Don Giovanni, come
principio, non è mai stata intesa prima al mondo; perciò anche l'erotico è qui
determinato con un altro predicato, l'erotico
è qui seduzione. Strano a dirsi, l'idea di un
seduttore manca del tutto alla grecità [...]. La ragione per cui la grecità
manca di quest'idea sta nel fatto che l'intera sua vita è determinata come
individualità. Così lo psichico è dominante o sempre in armonia con il sensuale
[...]. Don Giovanni è invece fondamentalmente un seduttore. Il suo amore non è
psichico ma sensuale, e l'amore sensuale secondo il suo concetto non è fedele,
ma assolutamente privo di fede, non ama una ma tutte, vale a dire seduce
tutte. Esso infatti è soltanto nel momento, ma il momento è concettualmente
pensato come la somma dei momenti, e così abbiamo il seduttore. Anche l'amore
cavalleresco è psichico, e perciò conforme al suo concetto essenzialmente
fedele; solo l'amore sensuale è secondo il suo concetto essenzialmente privo
di fede. Ma questa sua mancanza di fede si mostra anche in un altro modo;
infatti esso resta sempre solo una ripetizione. L'amore psichico ha in sé la
dialetticità doppiamente. Infatti ha in sé il dubbio e l'inquietudine se sarà
anche felice, se vedrà soddisfatto il suo desiderio e sarà amato. L'amore
sensuale non ha questa preoccupazione. Persino un Giove è incerto della sua
vittoria, e non può essere altrimenti, sì, egli stesso non può desiderare altrimenti.
Non così Don Giovanni, che taglia corto e deve sempre essere immaginato come
assolutamente vincitore. Questo potrebbe sembrare un vantaggio per lui, ma in
vero è un motivo d'indigenza. D'altro lato l'amore psichico ha anche un'altra
dialettica, infatti è diverso anche in rapporto a ogni singolo individuo che è
oggetto dell'amore. Sta qui la sua ricchezza, la sua pienezza di contenuto.
Non così Don Giovanni. Infatti egli non ha tempo per una cosa del genere, tutto
è per lui soltanto questione del momento. «Vederla e amarla è una cosa sola»,
questo è nel momento, e nello stesso momento tutto è finito, e la stessa cosa
si ripeterà all'infinito.
L'amore psichico si muove proprio nella ricca
molteplicità della vita individuale, dove sono le sfumature quelle che
veramente importano. L'amore sensuale, invece, può mettere tutto in un fascio.
Per esso l'essenziale è la femminilità completamente astratta, e tutt'al più la
maggior differenza sensuale. L'amore psichico è sussistenza nel tempo, quello
sensuale sparizione nel tempo, ma il medio che lo esprime è proprio la musica.
La musica è adattissima a far questo perché è di gran lunga più astratta del
linguaggio, e quindi non dice il singolare ma l'universale in tutta la sua
universalità, e tuttavia dice quest'universalità non nell'astrazione della
riflessione ma nella concrezione dell'immediatezza. [...] Solo in questo modo
Don Giovanni può diventare epico, in quanto costantemente finisca e costantemente
possa ricominciare, poiché la sua vita è una somma di momenti che si urtano
senza nesso alcuno, la sua vita, come il momento, è una somma di momenti, come
una somma di momenti è il momento. In quest'universalità, in quest'oscillazione
tra essere individuo e essere forza della natura, si trova Don Giovanni;
appena egli diventa individuo, l'estetico avrà tutt'altre categorie.Se la cosa non andasse
così, Don Giovanni cesserebbe d'essere assolutamente musicale, e l'estetico
esigerebbe la parola, la replica; ma dal momento che la cosa sta così, Don
Giovanni è assolutamente musicale. [...]
Nel caso di Don Giovanni occorre usare l'espressione
«seduttore» con gran cautela, se preme dire qualcosa di giusto piuttosto che
una banalità. E ciò non perché Don Giovanni sia troppo buono, ma perché egli
non cade affatto sotto determinazioni etiche. Preferirei quindi definirlo un
impostore, dal momento che c'è pur sempre qualcosa di molto equivoco in
quest'altra espressione. Per essere seduttore occorre sempre una certa riflessione
e una certa coscienza, ed è solo quando queste sono presenti che può essere
appropriato parlare di scaltrezza, di mosse e di abili assalti. Questa
coscienza manca a Don Giovanni. Egli perciò non seduce. Egli desidera, ed è
questo desiderio ad avere un effetto seducente, in tal senso egli seduce. Egli
gode dell'appagamento del desiderio; appena ne ha goduto, cerca un nuovo
oggetto, e così all'infinito. Egli perciò inganna, certo, ma senza organizzare
il suo inganno in precedenza; è la potenza propria della sensualità a ingannare
le sedotte, o meglio, è una sorta di nemesi. Egli desidera e continua a
desiderare, e gode costantemente dell'appagamento del desiderio. Per essere un
seduttore gli manca il prima, in cui elaborare il suo piano, e il poi, in cui
rendersi cosciente della propria azione. Un seduttore deve perciò essere in
possesso di una potenza che Don Giovanni non ha, pur essendo per altro ben
dotato, la potenza della parola. Appena gli diamo la potenza della parola egli
cessa d'essere musicale, e l'interesse estetico muta del tutto."
da S. Kierkegaard,
Enten-Eller, a c. di A. Cortese, vol. I, Adelphi, Milano 1981.
L'erotismo del Don Giovanni
Tutta la prima
parte del testo ha al centro la definizione dell'amore estetico
come «sensuale» in contrapposizione all'amore «psichico», cioè all'amore in
cui è in gioco l'individualità. Nel mondo greco la sensualità era compresa
nell'armonia della natura, faceva parte dell'accordo di psiche e senso che
costituiva la «bella individualità» greca (solo con il cristianesimo, ritiene
Kierkegaard, la sensualità si è determinata spiritualmente, promuovendo la
separazione di anima e corpo, spirito e carne).
La novità della
sensualità incarnata da Don Giovanni sta nel fatto di non essere
individualizzata: Don Giovanni non è individuo, categoria che comprende la
riflessione, ma idea, pura incarnazione dell'erotico; così, gli oggetti del
suo desiderio non sono individualità femminili, ma la femminilità come universale.
L'amore psichico
conosce il dubbio, le sfumature, l'incertezza: l'amore puramente sensuale del
seduttore non ha di questi problemi, perché l'esteta cerca la pienezza
nell'istante. Solo in quanto concepisce il tempo come sequela infinita di
istanti il seduttore è tale: la sua azione non ha dialettica, non ha sviluppo.
La ripetizione si
configura per l'esteta come infinito riproporsi dell'identico rapporto fra il
desiderio e la sua soddisfazione.
Il linguaggio musicale e l'estetico
Nella seconda
parte del testo Kierkegaard mostra come l'assoluta mancanza di
individualità di questa concezione della sensualità faccia sì che il suo mezzo
espressivo ideale sia la musica, che è universale e immediata. La grandezza del
Don Giovanni di Mozart sta, secondo Kierkegaard, nel fatto che materia e
musica si integrano con perfezione classica. L'immediatezza di Don Giovanni, il
suo vivere nel momento, ne fanno un soggetto musicale, che non è esprimibile in
parole: «nel linguaggio si trova la riflessione, e perciò il linguaggio non
può esprimere l'immediato».
Il fatto che Don
Giovanni, quale figura dell'estetico, non viva nella dimensione della
riflessione, determina anche la sua estraneità a qualsiasi valutazione etica
(poiché l'etica è sempre risultato di una atto di pensiero). La potenza vitale
della sensualità di Don Giovanni si esprime nella dimensione dell'indifferenza
estetica: è carne contro spirito, ma non è peccato. Don Giovanni «non cade
affatto, sotto determinazioni etiche». Soltanto quando interviene la
riflessione la sensualità diviene peccato, «ma allora Don Giovanni è stato
ucciso, allora la musica tace».
martedì 11 dicembre 2012
Kierkegaard
La polemica anti-hegeliana
Kierkegaard critica la filosofia hegeliana, in quanto sopprime il singolo individuo a favore della specie. L’individuo è direttamente coinvolto nel proprio destino e nel genere umano il singolo è superiore al genere stesso.Egli ha anche combattuto tutta una vita contro la pretesa di identificare uomo e Dio, affermando l’infinita differenza tra il finito e l’infinito, cioè tra l’uomo e Dio.
Gli stadi dell’esistenza
Esistono tre gradi dell’esistenza: la vita estetica, la vita etica e la vita religiosa. Questi gradi non possono essere collegati tra loro, anzi, tra uno e l’altro vi è una grande differenza e la scelta di uno stadio di vita ne esclude di conseguenza un altro.- Vita estetica.
La vita estetica viene incarnata dal seduttore. L’esteta vive alla ricerca continua di forti emozioni e di tutto ciò che c’è di interessante nella vita, non considerando minimamente tutto ciò che c’è di banale e insignificante nel mondo e escludendo anche la ripetizione che implica sempre monotonia e toglie interesse.
Ma questa ricerca continua finisce per provocare noia, ansia e disperazione. - La vita etica.
La vita etica viene incarnata dal marito, il quale vive nella fedeltà , svolgendo il proprio dovere e il proprio lavoro che gli permette di vivere a contatto con altre persone e di vivere tranquillo.
Il matrimonio è l’espressione tipica dell’eticità . esso è un compito che può essere svolto davvero da tutti; mentre nella vita estetica una coppia di persone eccezionali può essere felice solo in funzione della proprio eccezionalità , nella vita etica il matrimonio può essere felice con qualsiasi coppia di sposi.
Spesso, però, il marito si pente di qualcosa che ha fatto ed è attraverso il pentimento che la vita etica tende a raggiungere la vita religiosa, ma tra le due non c’è comunque continuità . - La vita religiosa.
Kierkegaard raffigura la vita religiosa nella persona di Abramo, il quale visse tutta la sua vita seguendo le leggi morali, fino a quando ricevette da Dio l’ordine di uccidere il figlio, Isacco, infrangendo così le leggi secondo le quali ha vissuto fino a quel momento.
E' per questo motivo che spesso l’affermazione del principio religioso sospende l’azione del principio morale, quindi tra i due principi non c’è possibilità di conciliazione.
Ma come si fa a capire se si è stati veramente eletti da Dio? E' proprio l’angoscia con la quale l’uomo si pone questa domanda la sola assicurazione possibile.
La fede quindi è paradosso e scandalo. Cristo stesso è il segno di questo paradosso, soffrendo e morendo come uomo mentre parla e agisce come Dio.
L’uomo viene così messo davanti a una scelta: credere o non credere. Questo dipende solo in minima parte dall’uomo stesso, perchè è da Dio che deriva tutto, anche la fede.
L’angoscia
Kierkegaard concepisce l’esistenza come possibilità e le conseguenti incertezza e instabilità in cui l’uomo si trova per cause naturali.L’angoscia è causata dalle numerose possibilità che l’uomo ha, ma a differenza del timore che si riferisce a qualcosa di determinato, l’angoscia non si riferisce a niente di preciso.
L’angoscia è sempre rivolta al futuro; può anche riguardare il passato, ma solo quando potrebbe ripresentarsi come futuro, come ripetizione. Anche una colpa, ad esempio, se è passata può generare pentimento, ma se non è veramente passata potrebbe anche generare angoscia. L’angoscia rende umani; solo chi è pienamente buono o pienamente cattivo non le è soggetto.
Disperazione e fede
L’angoscia è provocata dalla situazione dell’uomo nel mondo; la disperazione, invece, dalla personalità stessa dell’uomo e dal rapporto con se stesso.Angoscia e disperazione, quindi, sono strettamente legate, ma non identiche.
L’uomo è una sintesi di necessità e libertà . La disperazione nasce dalla mancanza di una o dell’altra, ovvero quando non si ha possibilità di scelta o si hanno troppe possibilità .
Dio nasce dalla mancanza di necessità . Quando non si ha la possibilità di scegliere, il credente si rivolge a Dio, al quale tutto è possibile.
La fede, quindi, è l’eliminazione della disperazione, e la disperazione è il peccato.
La fede, però, porta l’uomo al di là della ragione, quindi è anche assurdità , paradosso e scandalo. Il pensiero religioso è pieno di paradossi: la trascendenza di Dio, il peccato nella sua natura concreta, l’idea di un Dio che si fa carne e muore per noi. Ma nonostante questo, la fede crede e assume tutti i rischi.
Nietzsche
La
filosofia di Nietzsche è volta a distruggere quei valori,
miti e credenze che venivano elevati a verità assolute nell'epoca
del Positivismo. In realtà Nietzsche riteneva che quelle certezze
(metafisiche, morali, religiose, ecc) fossero state costruite
dall'uomo, e che servissero a questo stesso per poter sopportare il
caos della vita. Questi valori, infatti, da lui stesso creati, erano
frutto di un'invenzione sorta dalla necessità di sopravvivenza in un
mondo mosso dal disordine. Da ciò egli arrivava a definire quella
che finora era stata considerata una verità assoluta, come una
verità menzognera, una falsità che andava messa in discussione
dallo stesso filosofo. Tutte le certezze secondo Nietzsche che
stavano alla base della civiltà occidentale e dalla razionalità del
Positivismo nascevano dalla repressione della dimensione istintuale
consolidatasi nel tempo nella morale comune che portava però alla
negazione dell'aspetto vitale dell'uomo.
La filosofia di Nietzsche è portata a distruggere queste credenze, partendo dall'analisi del proibito, dell'aspetto istintuale degli uomini per arrivare all'accettazione dell'irrazionalità della vita, dalla quale scaturisce l'amore per essa.
Quest'accettazione della vita nel suo aspetto crudele, doloroso e irrazionale oltre che gioioso è sorta nel pensiero nietzscheano in seguito all'influenza esercitata su di lui da Schopenhauer. Fu proprio di fronte al pessimismo schopenhaneriano, secondo cui l'uomo non trova risposta al suo continuo soffrire in un modo retto da un principio irrazionale, che Nietzsche trova rimedio alla sofferenza umana attraverso l'accettazione della vita in tutta la sua bellezza, ma anche nel suo lato più disordinato e torbido. Quest'accettazione della vita può avvenire solo attraverso il recupero della dimensione istintuale degli uomini che Nietzsche avvia con la sua opera. "La nascita della tragedia" (1871) dove egli porta avanti una vera e propria analisi della tragedia greca, considerata da lui la massima espressione artistica e culturale perché momento di incontro del duplice aspetto dello Spirito Greco, l'Apollineo e il Dionisiaco. Apollo rappresenta l'armonia, l'ordine, l'equilibrio e la bellezza; Dionisio la vitalità, il desiderio di vivere, il caos. Apollo è lo spirito che si rassegna e accetta la vita racchiudendola in forme stabili e armoniche come è avvenuto nella civiltà occidentale, Dionisio è lo spirito che fa esperienza del caos, che liberandosi dalle barriere culturali afferma ed esalta la vita, come il lato istintuale e vitale dell'uomo finora represso dai valori morali. L'emergere della civiltà occidentale ha avuto inizio quando Socrate pose fine alla tragedia negando lo Spirito Dionisiaco, e recidendo quindi le radici vitali dell'uomo, dando vita alla menzogna dei valori morali e alla decadenza. La morale di questa civiltà risulta infatti una falsità, in quanto nata non dalla "voce della coscienza", ma dalle autorità sociali, dall'assoggettamento dell'uomo alle direttive fissate dagli esponenti delle élites dominanti. Questa morale ebbe origine al momento in cui la morale degli schiavi improntata sui valori anti-vitali, di sacrificio di sé e di abnegazione, ebbe il sopravvento sulla morale dei signori, espressione di vitalità, forza, e fierezza. La morale quindi nacque dal risentimento e dall'invidia degli schiavi, dei più deboli, degli impotenti per i signori, i più forti, gli uomini potenti, ai quali i primi imposero le loro limitazioni quali per esempio l'incapacità di vivere come delle regole o principi morali a cui attenersi. Alla critica della morale e alla trasvalutazione dei suoi valori, Nietzsche affianca la critica dello storicismo, accusa infatti la cultura occidentale di estremo storicismo, fondato su una concezione lineare del tempo.
Questa interpretazione dell'esistenza umana si muove sulla base del prima e del poi, ossia su continui riferimenti al passato, che l'uomo in virtù di una sorta di meta, di scopo, proietta nel futuro, senza mai vivere nel presente, reprimendo quindi e negando ancora una volta il suo principio di vitalità. In realtà Nietzsche proponeva una nuova chiave di lettura del mondo: la scienza. La scienza come lui la intendeva però, si distaccava parecchio da quella tradizionale che pretendeva di racchiudere in leggi e principi oggettivi la razionalità e l'ordine, inesistenti, peraltro, del mondo. La sua scienza è infatti analisi critica, esercizio del dubbio, diffidenza metodica. Portavoce di questa nuova visione della scienza è lo Spirito libero che assume un atteggiamento scettico e coraggioso, pronto per la valorizzazione di grandi progetti e l'esaltazione della grandezza dell'esistenza. Lo Spirito libero è colui che con coraggio fa della vita un continuo esperimento, che non si china dietro dei valori prestabiliti, ma creandoli egli stesso dà inizio ad un'esistenza libera e felice.
La critica mossa da Nietzsche alla cultura occidentale porta ad un vero e proprio crollo dei fondamenti che avevano finora costituito i pilastri del sapere umano, causando nell'uomo una sensazione angosciosa che approda prima al Nichilismo assoluto e che arriva al momento culminante con l'annuncio della morte di Dio.
Col Nichilismo l'uomo perde tutte le certezze finora possedute e sente quindi di essere circondato dal Nulla, perde la speranza di una dimensione sovrumana, di un mondo ideale contrapposto a quello terrestre, dove avrebbe ritrovato la razionalità e l'ordine.
Il Nichilismo e la morte di Dio contrassegnano tuttavia la possibilità di una nuova esistenza non più rispettosa e passiva di fronte ai principi della civiltà occidentale, ma attiva, pronta a riscoprire il lato vitale a lungo represso. Il Nichilismo infatti mostra due aspetti, quello passivo tipico di coloro che riconoscono l'insensatezza del mondo e vivono un sentimento di perdita e di dolore, per i quali nulla ha più senso; e quello attivo, rappresentato da coloro che con coraggio saranno pronti a fare della vita un continuo esperimento, distinguendosi dalla massa e dal suo atteggiamento rinunciatario. Questo modello d'uomo viene definito Superuomo, massima realizzazione dello Spirito libero, che deve la sua superiorità alla consapevolezza che oltre alla vita sulla terra vi è solo il nulla, che dopo la morte di Dio è crollata l'illusione di un mondo ultraterreno.
La sua grandezza scaturisce da questa presa di coscienza che lo porta quindi a vivere in pieno e in armonia col presente accettando la vita anche nei suoi lati più oscuri, come " transizione e tramonto" come Nietzsche stesso afferma nel brano "La morte di Dio e il Superuomo" da "Così parlò Zarathustra": "La grandezza dell'uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell'uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto".
Strettamente legato al concetto di Superuomo vi è la volontà di potenza. Per volontà di potenza si intende il modo di essere del Superuomo, una libertà creatrice, che si erge al di sopra del caos per imporre alla vita stessa i propri valori e principi. La volontà di potenza è volontà di dominio sugli altri, ma soprattutto è volontà della stessa volontà di affermarsi. L'uomo è ora cosciente dell'inesistenza di un mondo ideale, e con la morte di Dio è arrivato alla resurrezione di se stesso, cioè padrone del proprio destino, la sua volontà libera è pronta ad emergere. Soggetto di volontà di potenza, di conseguenza, è colui che ha la forza per affermare le proprie prospettive del mondo. Realizzazione di questo progetto è appunto il Superuomo.
La figura del Superuomo è integrata nella dottrina dell'eterno ritorno in cui Nietzsche elabora una concezione ciclica del tempo che si contrappone a quella lineare tipica della tradizione ebraico-cristiana. Nietzsche stesso diceva nel brano "L'Eterno ritorno dell'uguale" da " Così parlò Zarathustra": "Tutte le cose diritte mentono ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo". La concezione lineare, caratterizzata da una meta, da una destinazione a cui arrivare, non permetteva all'uomo di vivere nel presente, ma al contrario lo portava ad affacciarsi continuamente nel passato per proiettarsi poi nel futuro. La concezione ciclica, invece, afferma che gli eventi sono destinati a ripetersi eternamente, proprio per questo vale la pena di vivere al meglio e pienamente ogni attimo del presente, come se fosse eterno.
La filosofia di Nietzsche è portata a distruggere queste credenze, partendo dall'analisi del proibito, dell'aspetto istintuale degli uomini per arrivare all'accettazione dell'irrazionalità della vita, dalla quale scaturisce l'amore per essa.
Quest'accettazione della vita nel suo aspetto crudele, doloroso e irrazionale oltre che gioioso è sorta nel pensiero nietzscheano in seguito all'influenza esercitata su di lui da Schopenhauer. Fu proprio di fronte al pessimismo schopenhaneriano, secondo cui l'uomo non trova risposta al suo continuo soffrire in un modo retto da un principio irrazionale, che Nietzsche trova rimedio alla sofferenza umana attraverso l'accettazione della vita in tutta la sua bellezza, ma anche nel suo lato più disordinato e torbido. Quest'accettazione della vita può avvenire solo attraverso il recupero della dimensione istintuale degli uomini che Nietzsche avvia con la sua opera. "La nascita della tragedia" (1871) dove egli porta avanti una vera e propria analisi della tragedia greca, considerata da lui la massima espressione artistica e culturale perché momento di incontro del duplice aspetto dello Spirito Greco, l'Apollineo e il Dionisiaco. Apollo rappresenta l'armonia, l'ordine, l'equilibrio e la bellezza; Dionisio la vitalità, il desiderio di vivere, il caos. Apollo è lo spirito che si rassegna e accetta la vita racchiudendola in forme stabili e armoniche come è avvenuto nella civiltà occidentale, Dionisio è lo spirito che fa esperienza del caos, che liberandosi dalle barriere culturali afferma ed esalta la vita, come il lato istintuale e vitale dell'uomo finora represso dai valori morali. L'emergere della civiltà occidentale ha avuto inizio quando Socrate pose fine alla tragedia negando lo Spirito Dionisiaco, e recidendo quindi le radici vitali dell'uomo, dando vita alla menzogna dei valori morali e alla decadenza. La morale di questa civiltà risulta infatti una falsità, in quanto nata non dalla "voce della coscienza", ma dalle autorità sociali, dall'assoggettamento dell'uomo alle direttive fissate dagli esponenti delle élites dominanti. Questa morale ebbe origine al momento in cui la morale degli schiavi improntata sui valori anti-vitali, di sacrificio di sé e di abnegazione, ebbe il sopravvento sulla morale dei signori, espressione di vitalità, forza, e fierezza. La morale quindi nacque dal risentimento e dall'invidia degli schiavi, dei più deboli, degli impotenti per i signori, i più forti, gli uomini potenti, ai quali i primi imposero le loro limitazioni quali per esempio l'incapacità di vivere come delle regole o principi morali a cui attenersi. Alla critica della morale e alla trasvalutazione dei suoi valori, Nietzsche affianca la critica dello storicismo, accusa infatti la cultura occidentale di estremo storicismo, fondato su una concezione lineare del tempo.
Questa interpretazione dell'esistenza umana si muove sulla base del prima e del poi, ossia su continui riferimenti al passato, che l'uomo in virtù di una sorta di meta, di scopo, proietta nel futuro, senza mai vivere nel presente, reprimendo quindi e negando ancora una volta il suo principio di vitalità. In realtà Nietzsche proponeva una nuova chiave di lettura del mondo: la scienza. La scienza come lui la intendeva però, si distaccava parecchio da quella tradizionale che pretendeva di racchiudere in leggi e principi oggettivi la razionalità e l'ordine, inesistenti, peraltro, del mondo. La sua scienza è infatti analisi critica, esercizio del dubbio, diffidenza metodica. Portavoce di questa nuova visione della scienza è lo Spirito libero che assume un atteggiamento scettico e coraggioso, pronto per la valorizzazione di grandi progetti e l'esaltazione della grandezza dell'esistenza. Lo Spirito libero è colui che con coraggio fa della vita un continuo esperimento, che non si china dietro dei valori prestabiliti, ma creandoli egli stesso dà inizio ad un'esistenza libera e felice.
La critica mossa da Nietzsche alla cultura occidentale porta ad un vero e proprio crollo dei fondamenti che avevano finora costituito i pilastri del sapere umano, causando nell'uomo una sensazione angosciosa che approda prima al Nichilismo assoluto e che arriva al momento culminante con l'annuncio della morte di Dio.
Col Nichilismo l'uomo perde tutte le certezze finora possedute e sente quindi di essere circondato dal Nulla, perde la speranza di una dimensione sovrumana, di un mondo ideale contrapposto a quello terrestre, dove avrebbe ritrovato la razionalità e l'ordine.
Il Nichilismo e la morte di Dio contrassegnano tuttavia la possibilità di una nuova esistenza non più rispettosa e passiva di fronte ai principi della civiltà occidentale, ma attiva, pronta a riscoprire il lato vitale a lungo represso. Il Nichilismo infatti mostra due aspetti, quello passivo tipico di coloro che riconoscono l'insensatezza del mondo e vivono un sentimento di perdita e di dolore, per i quali nulla ha più senso; e quello attivo, rappresentato da coloro che con coraggio saranno pronti a fare della vita un continuo esperimento, distinguendosi dalla massa e dal suo atteggiamento rinunciatario. Questo modello d'uomo viene definito Superuomo, massima realizzazione dello Spirito libero, che deve la sua superiorità alla consapevolezza che oltre alla vita sulla terra vi è solo il nulla, che dopo la morte di Dio è crollata l'illusione di un mondo ultraterreno.
La sua grandezza scaturisce da questa presa di coscienza che lo porta quindi a vivere in pieno e in armonia col presente accettando la vita anche nei suoi lati più oscuri, come " transizione e tramonto" come Nietzsche stesso afferma nel brano "La morte di Dio e il Superuomo" da "Così parlò Zarathustra": "La grandezza dell'uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell'uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto".
Strettamente legato al concetto di Superuomo vi è la volontà di potenza. Per volontà di potenza si intende il modo di essere del Superuomo, una libertà creatrice, che si erge al di sopra del caos per imporre alla vita stessa i propri valori e principi. La volontà di potenza è volontà di dominio sugli altri, ma soprattutto è volontà della stessa volontà di affermarsi. L'uomo è ora cosciente dell'inesistenza di un mondo ideale, e con la morte di Dio è arrivato alla resurrezione di se stesso, cioè padrone del proprio destino, la sua volontà libera è pronta ad emergere. Soggetto di volontà di potenza, di conseguenza, è colui che ha la forza per affermare le proprie prospettive del mondo. Realizzazione di questo progetto è appunto il Superuomo.
La figura del Superuomo è integrata nella dottrina dell'eterno ritorno in cui Nietzsche elabora una concezione ciclica del tempo che si contrappone a quella lineare tipica della tradizione ebraico-cristiana. Nietzsche stesso diceva nel brano "L'Eterno ritorno dell'uguale" da " Così parlò Zarathustra": "Tutte le cose diritte mentono ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo". La concezione lineare, caratterizzata da una meta, da una destinazione a cui arrivare, non permetteva all'uomo di vivere nel presente, ma al contrario lo portava ad affacciarsi continuamente nel passato per proiettarsi poi nel futuro. La concezione ciclica, invece, afferma che gli eventi sono destinati a ripetersi eternamente, proprio per questo vale la pena di vivere al meglio e pienamente ogni attimo del presente, come se fosse eterno.
lunedì 3 dicembre 2012
Shopenhauer
Fenomeno
e noumeno.
Per
Kant il fenomeno è la realtà , l’unica realtà in grado di
essere conosciuta dalla mente umana; il noumeno invece, è ciò che
va al di la dell’apparenza e che quindi non può essere conosciuto
dall’uomo.
Per
Shopenhauer invece, il fenomeno è apparenza, illusione, sogno, che
egli chiama Velo di Maya ed è una rappresentazione che esiste solo
dentro la coscienza, mentre il noumeno è la realtà che si nasconde
dietro il velo di Maya e che deve essere scoperto dall’uomo. La
rappresentazione, ovvero il fenomeno, è costituita da soggetto e
oggetto: il primo è ciò che tutto conosce senza essere conosciuto
da nessuno, il secondo è ciò che viene conosciuto. Essendo le due
componenti della rappresentazione, soggetto e oggetto non possono
stare uno senza l’altro. Inoltre, la rappresentazione è basata su
tre forme a priori: lo spazio, il tempo e la causalità. La causalità
rappresenta anche l’unica categoria (in Kant erano 12) e assume
forme diverse a seconda degli ambiti in cui opera:
Divenire: necessità fisica.
Conoscere: necessità logica.
Essere: necessità matematica.
Agire: necessità morale.
La
scoperta della via d’accesso alla cosa in se.
L’uomo
non è solo conoscenza e rappresentazione ma è anche corpo. Per
questo vede sia la propria realtà interiore che quella esteriore.
In questo modo esce dal mondo fenomenico. L’esperienza interiore
permette all’uomo di afferrare la cosa in se, tirando fuori la
volontà di vivere, quell’impulso irrefrenabile che ci spinge ad
esistere e ad agire. Più che intelletto e conoscenza, l’uomo è
vita e volontà di vivere e il nostro stesso corpo, è la
manifestazione esteriore dei nostri desideri interiori. Tutti gli
esseri viventi sono spinti dalla volontà di vivere, anche se in
gradi di consapevolezza diversi: negli organismi più semplici questa
volontà appare in modo inconscio, mentre l’uomo ne è pienamente
consapevole.
La
volontà è:
Inconscia, quindi un impulso
inconsapevole.
Unica, al di la del principio di
individuazione.
Eterna, indistruttibile, va al
di la del tempo.
Incausata, libera, che non ha un
perchè.
Senza
scopo.
Gli
uomini hanno cercato di mascherare la terribile verità di una vita
senza scopo e senza meta, postulando un Dio in cui la proprio vita
avrebbe un senso. Ma secondo Shopenhauer, un Dio non può esistere,
l’unico Assoluto è la Volontà stessa. La volontà di vivere si
distingue, inoltre, in due fasi:
Le
idee, un sistema di forme immutabili, aspaziali e atemporali.
Le
cose, ovvero le stesse idee inserite nei vari individui del mondo
naturale.
Il pessimismo
La
vita dell’uomo, per Shopenhauer, è come un pendolo che oscilla
sempre tra il dolore e la noia, attraversando un breve e fugace
intervallo illusorio, quello della gioia. Volere significa
desiderare, e desiderando qualcosa ci si ritrova in uno stato di
tensione, per la mancanza di qualcosa che si vorrebbe avere ma non si
ha. E siccome nell’uomo la volontà è più cosciente, il dolore è
più forte nell’uomo rispetto agli altri esseri. Il momento di
appagamento dura pochissimo, perchè subito subentra un altro
desiderio da appagare. Ciò che l’uomo chiama godimento o gioia non
è altro che una temporanea cessazione di dolore. Perchè ci sia
piacere c’è bisogno di un precedente dolore, mentre il dolore non
è mai preceduto da un piacere. La noia è quello stato dell’anima
che subentra quando non abbiamo un desiderio da appagare. Il dolore
non riguarda solo l’uomo. L’uomo soffre di più rispetto alle
altre creature solo perchè è più consapevole della propria volontà
di vivere. Al di la di tutte le meraviglie del mondo, in realtà è
nascosta la lotta e la sofferenza di tutte le cose. Per questo, con
Shopenhauer si parla di pessimismo cosmico.
L’amore
è uno dei più forti stimoli dell’esistenza
L’amore
viene visto esclusivamente come uno strumento per continuare la vita
della specie, quindi il suo unico scopo è l’accoppiamento. Per
questo l’amore procreativo viene inconsapevolmente visto come
“peccato”, questo perchè due infelicità che si incontrano
danno vita ad una terza infelicità . L’amore vero, quindi, non
viene visto come eros ma come pietà .
Le
vie di liberazione dal dolore
Shopenhauer
rifiuta e condanna il suicidio perchè esso non è la negazione della
volontà di vivere, anzi, è una sua affermazione, in quanto il
suicida vuole la vita ma è malcontento delle sue condizioni di vita,
e inoltre non è efficace perchè sopprime solo l’individuo
lasciando intatta la cosa in se. Shopenhauer propone, così, tre
tappe fondamentali per la liberazione della stessa volontà di
vivere.
L’arte
L’arte,
essendo conoscenza libera e disinteressata che si rivolge alle idee,
fa contemplare al soggetto gli aspetti universali della realtà. Con
essa l’uomo si purifica, contemplando la vita al di sopra della
volontà , del dolore e del tempo. Anche la musica fa parte
dell’arte, ma viene considerata l’arte più profonda ed
universale. Ogni arte, quindi, è liberatrice perchè provoca la
cessazione di un bisogno; ma è pur sempre una liberazione temporanea
e parziale, quasi come un breve incantesimo.
La
morale
La
morale implica un impegno a favore del prossimo. L’etica, quindi, è
un tentativo di superare l’egoismo e di superare quella lotta
continua tra gli uomini che provoca dolore che sgorga dalla pietà .
La piet è un sentimento che ci permette di avvertire le sofferenze
degli altri e sentirle nostre, quindi nasce dalle nostre esperienze.
La morale si concretizza, infine, nella giustizia e nella
carità. La giustizia ha un carattere negativo poichè
consiste nel non fare il male. La carità, invece, consiste
nel voler fare del bene al prossimo. Si distingue dall’eros, che è
un falso amore, mentre la carità è un vero amore.
L’ascesi
L’ascesi
nasce dall’orrore dell’uomo e ha il compito di estirpare la
propria volontà di vivere. Rappresenta l’unica vera tecnica in
grado di liberare l’uomo dalla volontà di vivere. La coscienza
del dolore rende l’uomo libero da esso e lo fa entrare in uno stato
di grazia. Nel Cristianesimo l’ascesi termina con l’estasi; in
Shopenhauer (ateo) termina con il nirvana buddista. Il nirvana
rappresenta il nulla, che è diverso dal niente, in quanto è una
negazione del mondo stesso, un oceano di pace, uno spazio luminoso di
serenità .
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